giovedì 11 agosto 2011

Primi passi nella terra dei Cowboy: Oklahoma City!

Sveglia alle 5, da veri pionieri alla conquista del West.
Fino a Oklahoma City, nello stato di Oklahoma, il navigatore segna 796 km in 7 ore e 56... come ha detto Tony: sarà una giornata impegnativa...
Ci mescoliamo nel traffico ancora sporadico della I-44. È l'alba, qui nel Missouri...
Proseguiamo per un paio d'ore e poi tappa benzina nel piccolo centro di Lebanon. C'è tempo per leggere qualcosa sull'Oklahoma: uno stato dalla terra color rosso un tempo calpestata da indiani e cowboy, dove, anche se i pickup hanno ormai sostituito i cavalli, si vive ancora oggi la sensazione inebriante degli spazi aperti, interrotti solo dagli insediamenti urbani di Tulsa e Oklahoma City.
Lady Picca "cavalca" verso ovest. Davanti solo strada.


Playlist di viaggio
Hotel California - Eagles
Sweet Home Alabama -Lynyrd Skynyrd

Alle 10 e mezza lasciamo il Missouri, ed entriamo nello stato dell'Oklahoma, superando il traguardo delle 2 mila miglia percorse (circa 3 mila e 500 km)!
Prima di Tulsa, in corrispondenza di Foyil, seguiamo la highway 28A per raggiungere i giganteschi e colorati totem del Totem Pole Park. C'è anche il totem in cemento più alto del mondo.



Poi, continuando a battere strade poco trafficate (tante mucche, pochi esseri umani), andiamo verso Claremore e Catoosa, quest'ultima una cittadina portuale dove "sbattiamo contro" alla Blue Whale, lunga 24 metri...



Costruita tra il 1970 e il 1972, diventó ben presto un'attrazione per bambini e famiglie. Alla fine degli anni '80, il posto andò in rovina, e oggi nuotare è vietato, ma rimane comunque uno dei luoghi più fotografati lungo la Route 66.
Mangiamo a Tulsa, città natale di Cyrus Avery, che promosse la costruzione della Route e quindi celebrato come il padre della Mother Road. Il locale si chiama Elmers, un'istituzione di Tulsa da 29 anni, dove servono panini con salsicce affumicate e fagioli (i temibili "badwich"). I bicchieri di Pepsi sfiorano il litro, un pianoforte polveroso ricorda serate finite in baldoria e alle pareti sono appesi dischi in vinile, strumenti musicali e foto in bianco e nero di cantanti jazz che qui si rifugiavano nelle giornate di pioggia come quella che abbiamo trovato oggi. L'insegna fuori recita: "It be bad". Speriamo non sia riferito agli effetti dei piatti serviti qui...! E invece è tutto buono, come anche il prezzo (13$ a testa circa). Se cercate un posto caratteristico e senza troppe pretese, Elmers fa per voi.
Giudizio: consigliato.






Da Tulsa a Oklahoma decidiamo di riprendere la Route per i rimanenti 170 km: è infatti uno dei tratti della "Mother Road" meglio conservati.


Ci fermiamo a Stroud, per una pausa sulla highway. Al Rock Cafè ti servono il caffè in tazze grandi da tè, e un orange juice riempie un bicchiere di Coca Cola da mezzo litro. I personaggi di Cars fanno da mascotte, e può capitare che un vecchietto ti adeschi domandandoti da dove vieni e se credi in Dio oppure no, mentre trangugia un piatto di strani spaghetti con mostarda alle quattro del pomeriggio. Incontri on the road.



Altra tappa benzina, quando ormai il sole è alto e brucia la terra rossa dei ranch. Alla stazione di benzina si susseguono avventori sudati e accigliati sui loro pickup coperti di polvere. Giureresti di vedere rivoltelle scintillanti appese alla cinta e stivali in pelle logori con il tacco d'argento...


Quasi 800 km sono stati percorsi: alle 18 raggiungiamo l'Howard Johnson Inn di Oklahoma City. Assomiglia a un motel, fuori dal centro, con vicino un McDonald's, ma è carino, e c'è la piscina. Unico inconveniente: nella tripla c'è un solo queen bed, più piccolo di un matrimoniale! Dormiremo vicini vicini!


Dopo un tuffo e un bagno di sole, doccia e siamo di nuovo in macchina. Sono già le 20, quindi non possiamo goderci tanto Oklahoma. Prima di cena, decidiamo comunque di andare a vedere il Symbolic Memorial. La storia è una delle più tristi degli Usa: il 19 aprile 1995 un attentato terroristico sventró l'Alfred P. Murrah, sede dell'FBI, dove morirono 168 persone, di cui 19 bambini. Il Symbolic Memorial è composto da 168 sedie vuote, ciascuna recante il nome di una vittima. Il silenzio è rotto solo dai gridi degli uccelli che volano tra i rami degli alberi e dal rumore dell'acqua che riempie la piscina ricavata lì dove prima sorgeva l'edificio. Un guardiano ci dà il permesso di camminare tra le sedie, e di notare le più piccole dedicate ai bambini. Alle due estremità della piscina sono stati costruiti due muri, chiamati "cancelli del tempo": in uno sono segnate le 9:01, il minuto prima dell'esplosione (avvenuta alle 9:02), nell'altro le 9:03, il minuto immediatamente dopo. Il momento dell'innocenza prima della tragedia, e quello del dolore ma anche della speranza di chi è sopravvissuto. Nessuno di noi ricorda questo fatto, peró ci viene la pelle d'oca guardando le frasi e gli oggetti che parenti e visitatori hanno lasciato e continuano a lasciare appesi alla recinzione di protezione. Ci sono peluche, nastri per capelli, braccialetti, fotografie... perfino un paio di scarpette da calcio... e dietro ogni collanina che tintinna o mazzo di fiori ancora freschi c'è una storia. E anche noi lasciamo un omaggio...



Guidati dal navigatore, cerchiamo un posto dove mangiare. Restiamo disorientati: la città sembra quasi deserta. Alla fine ripieghiamo in uno pseudo ristorante italiano (l'insegna dice proprio "The italian restaurant"). La pizza non è male, ma il posto è troppo rumoroso (musica alta e conseguente tono di voce urlato della gente); praticamente non riusciamo a parlare tra di noi. Torniamo in albergo con la pancia piena ma non proprio soddisfatti.
Il pensiero comunque è giá proiettato a domani: road to Texas!

Da Chicago a St. Louis attraverso la Historic Route 66

Sveglia ore 6 e check out. Lasciamo l'albergo verso Lou Mitchell, caffè diventato famoso per le sue abbondanti colazioni e tappa obbligata per i viaggiatori in partenza per la Route 66, la "madre" di tutte le strade americane.



Arriviamo ad Adams Street, dove oggi si ritiene che inizi ufficialmente la Route. Lou Mitchell si trova in W Jackson Boulevard 565. Aprì all'epoca d'oro della Route, nel 1923. In mezzo al traffico e ai passanti assonnati spicca l'insegna luminosa di una delle istituzioni di Chicago.
 
Il Dany tenta uova con bacon; fresh banana pancakes con sciroppo d'acero per Vale e Bea; orange juice e caffè a cascate per tutti.

A servici è Donna, un'eccentrica signora bionda con le maniere della signora Fletcher. Ci dice che la Route iniziava "right here, in front of our door" ("proprio qui, di fronte alla nostra porta").
Pancake e uova ci riempiono abbastanza... da raggiungere St. Louis a piedi!



L'INIZIO DELLA ROUTE 66


Usciamo da Jackson Boulevard e percorriamo Adams Street fino a Des Plaines Street. Oltrepassiamo l'incrocio, sempre dritti fino a Ogden Avenue. Giriamo a sx e poi dritti fino a Harlem Avenue. Riusciamo a vedere il primo cartello marrone con scritto "Historic Route 66". La città si dirada trasformandosi progressivamente in sobborgo. A Marlem Avenue al semaforo giriamo a sinistra e poi al semaforo successivo svoltiamo a destra in Joliet Road. Questa via confluisce direttamente nella Interstate 55, che oggi sostituisce la Route per buona parte  correndole parallela.

Tony intercetta un camionista che ci passa a fianco e gli fa suonare il clacson!
Prendiamo l'uscita 268 in direzione Joliet Road South. Poi via verso l'highway 53.
Lungo il tragitto sono allineati fast food e lavanderie a gettoni dove forse, un tempo, i viaggiatori si toglievano la fame e la polvere della strada. Una strada che negli anni ha conquistato un posto nei cuori e nei ricordi di chi l'ha percorsa. E quel posto non potrà mai essere sostituito dalle interstatali a scorrimento veloce. La "mother road" attraversa 8 stati: Illinois, Missouri, Kansas, Oklahoma, Texas, New Mexico, Arizona e California, fino a Los Angeles.

Il paesaggio cambia velocemente, e ben presto ci ritroviamo tra campi e distese d'erba. "Mangiamo" l'asfalto seguendo sempre le indicazioni per l'Historic Route 66 e l'highway 53. Facciamo sosta al primo Visitors center della Route 66 nella località di Joliet, per comprare qualche mappa del tragitto.
Il centro informazioni aprirebbe più tardi, ma la signora dell'accoglienza prende in simpatia Ale e Tony e fa un'eccezione riempiendoli di volantini.
Sulla Old Route 66 incrociamo ben pochi veicoli, e la strada prosegue dritta come un fuso e dissestata in alcuni punti.

A Wilmington, dopo chilometri di campi di grano, ci fermiamo per una foto con il Gemini Giant, la statua gigante di un astronauta, come è tradizione quando si comincia questo percorso.

A Odell, invece, tappa alla Standard Oil Gasolin Station, una stazione di benzina d'epoca, punto di sosta storico, aperta nel 1932.

"Odell is a small town with a big heart, where everybody is somebody", e infatti la signora che accoglie i turisti alla stazione di benzina si diverte raccontandoci aneddoti e facendoci domande. Qui sono raccolti piccoli pezzi di storia: targhe vecchie, attrezzi, poltrone, bottiglie e polverosi distributori di Coca Cola.



In itinerario c'è anche Pontiac, con il suo "Hall of fame and museum" e uno dei murales più famosi della 66.
Il quartiere intorno ci fa immergere in un altro mondo: il tempo sembra essersi fermato. Ecco cosa intendevano con: respirate l'aria della Route 66. Ale e Tony incontrano un vecchietto tanto gentile di ben 89 anni che in Italia è venuto nel 1945 per liberarla alla fine della Seconda guerra mondiale. Un incontro commuovente. Tony: "Me s'è stretto er core".


On the road fino ad Atlanta, un villaggio dove ancora oggi è possibile fare un salto nel passato.
Ci fermiamo verso l'una al Palm's Grill Cafè: i pancakes di Lou Mitchell sono ormai belli che digeriti e la route mette fame. Al Palm's sembra di essere ancora in Happy days, tra telefoni con la cornetta e vecchi flipper, calati in un'atmosfera anni '50.


Cheeseburger, hamburger e bacon... ci volevano! Se siete nei paraggi all'ora di pranzo, non mancate il Palm's (prezzo: 8$ circa a testa).
Prima di ripartire, salutiamo "Tall Paul", una gigantesca statua raffigurante il mitico taglialegna Paul Bunyan che stringe in mano un hot dog dalle dimensioni epiche.

Non c'è molto altro da vedere in questo centro "very friendly" ma "very small", se non l'Atlanta Public Library, particolare perché a forma di ottagono. Dicono che per di qui sia passato Abraham Lincoln.

Di nuovo in macchina, lanciamo Lady Picca verso sud-ovest. Saltiamo Lincoln, l'unica cittadina a essere stata a lui dedicata quando era ancora in vita. Superiamo anche Springfield, la cittadina dove Lincoln esercitò la professione di avvocato nella seconda metà dell'800 e dove riposa ancora oggi la sua salma.
Il resto del viaggio è tutto un passare tra campi di pannocchie infiniti e grumi di case dai nomi letterari, come Carlinville o Macupin. Seguendo passo passo i cartelli marroni (non ci perdiamo una deviazione), ci troviamo spesso in mezzo a fattorie con galline e strade alberate quasi sterrate: we are we going?!?



Playlist di viaggio:
Forrest Gump - Soundtrack!
Ormai si son fatte le 17. La prima, vera giornata on the road è volata.
Decidiamo comunque di evitare l'interstate principale e di continuare sulla Route fino a St. Louis per godercela fino all'ultimo metro. Dopo 10 ore siamo ancora in macchina, ma non importa! "Ciò che conta non è l'orario d'arrivo, ma la strada" (cit. Tony, novello Jack Kerouac).
Stasera abbiamo in programma la salita al Gateway Arch. Ce la faranno i nostri eroi?
Prima di dirigerci definitavamente a St. Louis, fotofrafiamo l'Old Chain of Rocks Bridge, un ponte di 1,5 km sul Mississippi risalente al 1929. Comprende una curva che forma un angolo di 22 gradi, causa di molti incidenti stradali. Oggi è aperto solo a ciclisti e pedoni.




Due adesivi sul confine tra Illinois e Missouri...
Finalmente approdiamo al Windam Mayfair Hotel (in Saint Charles Street) verso le sei e mezza. Il tempo di lasciare giù le valigie (e di contastare che  ci hanno assegnato una suite allo stesso prezzo per cui avevamo prenotato un king bed!) e usciamo subito.
St. Louis fu per secoli città di partenze nei viaggi verso ovest. Questo ruolo di connettore con le terre del lontano West è simboleggiato anche dal  Gateway Arch, un arco alto quasi 190 metri.





Sconsigliato per chi soffre di claustrofobia (la salita avviene in cabine chiuse molto strette). In alto non si vede molto (ci sono solo dei piccoli obló rettangolari), ma ne vale comunque la pena (Biglietto a 10$).

Adesivo anche qui...
Siamo cotti: cerchiamo un posto nelle vicinanze, e la scelta ricade su Caledo's, in ... Il menù è ampio: pasta, pizza, tortellini, insalate. È tutto ottimo! Consigliato!



PER ORIENTARSI SULLA ROUTE 66
Uscire da Chicago non è così semplice, anche perché i cartelli della Historic Route sono pochi e distanti tra di loro. Come nel resto del percorso, noi abbiamo sfruttato molto il foglio con le indicazioni gentilmente datoci da Donna, la cameriera di Lou Mitchell, assieme al navigatore e alle informazioni contenute nella guida Stati Uniti on the road (Lonely Planet), itinerario numero 1. In più ci siamo affidati alla mappa recuperata al Visitors center di Joilet nella quale sono indicati i luoghi di maggior interesse nella tratta della Mother Road da Chicago a St. Louis. Insomma, sulla Route 66 ci vuole la giusta dose di iniziativa e spirito di avventura!