sabato 13 agosto 2011

New Mexico, terra d'incanto

"Nell'ardente sole del New Mexico una nuova parte dell'anima si risvegliò improvvisamente" (D. H. Lawrence)
Alle 7 e un quarto siamo diretti verso il Cadillac Ranch: dieci auto d'epoca, datate tra il 1949 e il 1963, conficcate nel suolo, per volontà di Stanley Marsh, un ricco milionario, come omaggio alla Route 66.
Piantate nel mezzo di una distesa desolata, sono e sono state per molti "artisti" supporti su cui esprimere il proprio talento e la propria vena creativa. E infatti tutto intorno trovi sparse bombolette spray ormai finite... anche le scritte non mancano: "Larry loves Betty", "Happy birthday, Jack", "Forza Milan!"...



Usciamo da Amarillo imboccando un tratto di Historic Route 66 che oggi corrisponde alla I-40.
Le pianure del Texas dormono ancora; l'unico movimento è quello delle mandrie infinite che cominciano a disperdersi per cercare erba e delle pale eoliche che ruotano placide nell'aria mattutina, incredibilmente fresca a quest'ora del giorno.

Playlist di viaggio
Amie - Pure Praire League
Take me home, Country road - John Denver
Mr Rock & Roll - Amy MacDonald
This is life - Amy MacDonald
Bitch - Baseball
Stairway to heaven - Led Zeppelin

Ci fermiamo ad Adrian, per fare colazione al Midpoint Cafè. È un piccolo caffè anni '50 posizionato esattamente a metà della Route. Fuori è salita la nebbia (sí, la nebbia!), ma qui ti accolgono con pancake caldi e maniere gentili. Bis di uova con salsiccia per Dany e Tony; pancake per Ale e Bea; biscuits per Vale. Proviamo anche la "specialità della casa", gli "ugly crust pie", torte squisite con la "crosta brutta ma buona". Arriva una "bomba" di cioccolato, panna montata e gelato alla vaniglia... "Me sento un po' gonfio" (cit. Tony).





Proseguendo verso ovest, il paesaggio comincia a essere meno regolare, e a essere segnato dai primi rilievi (molto bassi). Un piccolo assaggio di quello che vedremo nei prossimi giorni in scala piú grande.
Verso le dieci un cartellone con enormi peperoncini disegnati ci dà il benvenuto nel New Mexico.

Percorriamo per un lungo tratto il vasto, desertico e monotono Llano Estacado ("pianura recintata"). Un
nomignolo poco azzeccato per questi spazi immensi color dell'oro che si fondono col cielo azzurro... ma, a guardarli, fanno capire il perchè del soprannome ufficiale del NM: "land of enchantment", "terra d'incanto".



Tappa a Santa Rosa per la benzina.
Arriviamo a Santa Fe, capitale del New Mexico, a mezzogiorno, ora locale: abbiamo spostato l'orologio di un'altra ora indietro. Siamo a meno 8 rispetto all'Italia.
Santa Fe non è solo la città dei pueblos (i nativi che abitano queste terre da millenni), ma anche delle ceramiche, dei gioielli, delle mostre, dei festival culturali. Qui risiedono numerosi scrittori, poeti, fotografi americani ed europei, successori di quegli stessi scrittori, poeti e fotografi che all'inizio del '900 cominciarono a mescolarsi ai nativi. Le prime abitazioni che incontriamo sono quelle di tanti film d'autore: a un piano solo, il tetto piano e le pareti in argilla rossa. Inglese e spagnolo si fondono che è un piacere per le orecchie; Guadalupe Street incrocia Johnson Street, e fuori dalle case dei cartelli ricordano a chi arriva che "Mi casa es su casa". Parcheggiata Lady Picca, puntiamo verso il centro. "The Plaza" è il punto di Santa Fe dove convergono i turisti, ma anche gli artigiani nativi che fabbricano bracciali, collane e orecchini in argento decorati col turchese, e che si siedono sotto i portici per venderli.



Passeggiamo fino alla St. Francis Cathedral, che custodisce "La Conquistadora", la statua della Madonna piú antica del Nord America. Lasciamo un ringraziamento per questo viaggio nel libro dei visitatori; poi ripercorriamo San Francisco Street al contrario fino al 210 W, dove si intravedono i balconi turchesi di Tia Sophia's. Questo piccolo quanto affollato ristorante ha sombreri e tappeti ricamati a mano appesi alle pareti. Via di cibo messicano! Tacos, enchiladas, chily! Vamos!



Il personale è gentile, il servizio veloce e il cibo ottimo.Come spesa siamo sui 10$ a testa, e se non si è ancora pieni, il pane che portano con una goccia del loro miele lascia un ricordo di Santa Fe dolce al punto giusto. Consigliato!
Sotto la pioggia (sí, in New Mexico piove una volta all'anno e noi arriviamo giusti!), lasciamo Santa Fe per Albuquerque.
Arriviamo al Residence Inn Marriott che ancora la pioggia non demorde. E lo stesso vale per la nostra predisposizione alle brutte figure... visto che il Marriott in cui entriamo noi non è quello giusto! La catena ne ha altri due ad Albuquerque, ci spiegano alla reception. Di nuovo in sella a Lady Picca, sperando di trovare l'hotel dove abbiamo prenotato per stasera!
Lo troviamo: è a pochi chilometri. Ci assegnano una suite che è più che altro un appartamento, con due camere matrimoniali, due bagni, un salottino con divano-letto e la cucina! Stasera... pasta! Fatta come si deve!
Prima di andare al supermercato, decidiamo di visitare la Historic Old Town e l' "American international rattlesnake museum", che contiene la piú grande collezione al mondo di serpenti a sonagli vivi.



Gli esemplari sono tanti e diversi, e il museo, adatto anche ai più piccoli, da fuori non sembra che un negozio di souvenir impolverato; dentro invece stupisce con i giochi a quiz per i visitatori, i video e altri animali come tarantole, vedove nere e tartarughe. Anche il proprietario, una specie di Indiana Jones dei nostri giorni, è felice di mostrarci le sue foto con i serpenti e di darci una cartina del New Mexico, assieme a un "attestato di coraggio" per "aver mostrato poca o nulla esitazione a entrare nell'affascinante regno dei serpenti a sonagli".
Cactus, casette in terra cotta: mentre passeggiamo nella Old Town, sembra impossibile di essere ancora negli Usa. NY, Washington, Chicago... sembrano ad anni luce! Canti e battiti di tamburi ci attirano verso la "plaza": proprio nel centro uomini e donne ballano e si muovono a tempo di musica. Sembra una specie di danza del sole... anzi della pioggia, visto il brutto tempo che oggi ci perseguita. Eppure qui "rain is a blessing", "la pioggia è una benedizione", come dice uno speaker al microfono. Ecco: i 5 pazzi on the road hanno portato la pioggia ai nativi del New Mexico!



Lasciamo la Old Town per cercare un supermercato... che sembra una categoria di negozi inesistente!!! Vaghiamo tra pseudo Walmart e market con cibi preconfezionati... siamo quasi disperati, quando Ale scorge, tra mille salse strane e popcorn colorati, pacchi di pasta Barilla! Recuperiamo l'olio, il sale fino (quello grosso non esiste) e pomodoro... Ma che fatica! Continuando a domandarci di cosa vive la gente di qui (solo tacos e tartillas???), torniamo in albergo per dedicarci ai fornelli, non prima di aver tagliato il traguardo delle 3 mila miglia percorse!
Ale e Dani vanno in perlustrazione in cerca della birra; e trovano il paradiso! Un supermercato come Dio comanda, e portano a casa frutta, un sugo serio... nostri eroi! Nel frattempo Tony scopre la lavanderia dell'hotel... e tutti ne approfittiamo! Siamo un po' stanchi di lavare tutto a mano!
L'operazione lavatrice è andata a buon fine, e anche quella... carbonara! La migliore carbonara di Albuquerque, forse l'unica!



Domani c'è la Monument Valley che ci aspetta!

Ranch, mandrie e big steak: il nostro Texas!

"Il motto ufficiale dello stato, 'Don't mess with Texas', ('Non entrate in contatto con il Texas'), puó lasciar perplessi. In realtà esprime la fierezza dei texani di appartenere al Lone Star State ("stato della Stella solitaria"). L'orgoglio deriva in buona parte dallo spirito di indipendenza degli abitanti e dalle dimensioni dello stato, più grande di Germania, Inghilterra, Scozia, Irlanda, Irlanda del Nord, Belgio e Olanda messi insieme. Detto questo, il selvaggio West sopravvive ormai soltanto nell'atteggiamento di alcuni texani: perciò, se vi aspettate di incontrare cowboy impolverati, siete completamente fuori strada. Avrete la stessa probabilità di imbattervi in signore un po' attempate strette nei loro jeans attillati o milionari maghi del computer, che qui superano in numero gli allevatori di bestiame (Dalla guida: Stati Uniti occidentali, Lonely Planet).
Insomma, aspettiamoci di essere stupiti dall'America anche oggi!
Dopo una colazione in albergo come si deve, fatta di uova, salsicce, pane e marmellata (e, per la prima volta dall'inizio della vacanza, inclusa nel prezzo!), prendiamo l'I-40 sempre diretti verso ovest.

All'uscita 130 ci immettiamo di nuovo nella Route 66.
Viaggiamo in mezzo al nulla: spazi sconfinati interrotti solo da pali della luce. Paesaggi che un'interstatale non regala. Vale veramente la pena allungare un po' il tragitto.


Dopo Oklahoma la Route non è molto segnata, ma riusciamo comunque a orientarci fino alla cittadina di Clinton, dove, a fianco dei drive in e delle casette in legno con il portico, è stato creato l'Oklahoma Route 66 Museum. Solo l'atrio è un insieme curioso di cimeli e oggetti: targhe, vecchi distributori, cassette della posta, automobili. Il museo è diviso per decenni: dagli anni '30 agli anni '90. In ogni stanza premendo un bottone sulla parete parte una canzone di sottofondo. Siamo solo noi: divertente! E le ricostruzioni degli ambienti (diner e drive in) è fedelissima. Per 4$ d'ingresso è un'attrazione da non perdere se ci si trova nei paraggi.





Inoltre il negozio alla fine del percorso conquista anche i piú allergici allo shopping di souvenir!
Di nuovo sulla strada principale, seguiamo la secca e ventosa interstatale, chilometro dopo
chilometro.
Verso le 11 siamo al confine con il Texas! Fuori ci sono 32 gradi, e neanche una nuvola in cielo. Le prime immagini sono di distese d'erba gialla e depositi di rottami. Eccole le quasi desertiche Panhandle Plains, le pianure a "manico di padella" rettangolari dove il Texas si incunea tra New Mexico e Oklahoma.




Frontage Road, una parallela dell'interstatale, ci porta sempre più all'interno sulle note di "It's a Texas" di Gary P. Hunn. Nella minuscola McLean cartelli mettono in guardia dai serpenti a sonagli, e le persone, a piedi o in macchina, salutano con un cenno amichevole. I turisti si fermano a fotografare ciò che resta di Philips, il primo distributore di benzina aperto sulla Route 66 e rimasto "in servizio" per 50 anni.
Lungo la strada vediamo le prime arene per i rodei. Nella deserta Groom si distingue la croce bianca alta 57 metri con intorno statue in bronzo che rappresentano i momenti della Passione di Gesù. Certo che un posto cosí in mezzo al deserto è davvero particolare!

Prima di arrivare ad Amarillo, dove dormiremo stasera, immancabile foto su una di queste strade infinite...




E dopo quasi 400 km, 5 ore di viaggio -anche sulla Route- (e quattro inversioni di marcia), arriviamo ad Amarillo. Subito individuiamo l'enorme cowboy che sovrasta il Big Texan Steak Ranch & Hotel.
Alla reception campanacci alla porta avvisano dell'arrivo degli ospiti; i tavolini appoggiano su tappeti di pelle di mucca, e si cominciano a vedere i primi "cowboy" con cappello a testa larga e stivaloni. La piscina è a forma di Texas! C'è chi lo chiama il "regno del kitsch"; ma non è proprio niente male, almeno da fuori.



Per pranzo seguiamo di nuovo un consiglio della guida, e scegliamo il Golden Light Cafè (2908 W 6th Ave). È la tavola calda più antica di Amarillo: si dice che molti dei clienti che la frequentavano nel 1946, quando aprí, siano clienti ancora oggi. Il suo motto è: "We serve good food, not fast food, so be patient". Il jukebox suona Johnny Cash. La birra Budweiser alla spina è ottima (e costa 1,5$... niente!) e anche gli hamburger. Forse il chilly va bene solo per i duri di stomaco (e Tony può testimoniare), ma il resto del menú fa venir voglia di fare il bis. Anche i prezzi sono buoni: un burger costa sui 3$. Noi paghiamo 8$ a testa. Al Golden incontriamo una coppia di italiani, romani, anche loro in viaggio on the road. Facciamo due chiacchiere e poi torniamo al Big Texan per vedere le camere.
Siamo divisi in una tripla e una doppia. Sì, l'ambientazione è quella dei film western, ma non ci sembra per niente pacchiana. E poi sono fresche, mentre fuori si toccano i 40 gradi.
Lasciate le valigie, inauguriamo la piscina.

Poi siamo pronti per assaggiare finalmente della buona carne texana: stasera si mangia al Big Texan Ranch!




I proprietari del ristorante lanciano ogni sera una sfida ai clienti: chi riesce a mangiare in un'ora una bistecca di 72 once (2 kg circa) non la deve pagare. Due chili di carne! Speriamo che qualcuno ci provi!
E qualcuno ci prova! Il nostro Tony prova l'impresa! Già due sono in gara: è incredibile la grandezza dei bocconi che ingurgitano! Stanno seduti a un tavolo sopra un palchetto, e sono attorniati da curiosi che li fotografano tenendo d'occhio il timer.

Mentre Tony si prepara alla sfida della mega bistecca, cowboy e cowgirl suonano in un'orchestrina passando per i tavoli.
Il regolamento della gara prevede che, oltre alla carne, vengano mangiati patate al cartoccio, cocktail di gamberi con relative salse, insalata mista e un panetto da farcire di burro.
Tony si siede al tavolo della competizione: subito italiani (tantissimi stasera!) e non cominciano a fare il tifo per lui! "Go, Antonio!". Anche gli altri concorrenti, che, scopriamo, vengono dal Colorado, sono stati accompagnato dagli amici. Hanno tutti la stessa maglietta, tipo squadra, e stanno festeggiando il compleanno di uno dei due.
Tony continua ad affrontare la "big steak"; noi altri pazzi on the toad facciamo la spola al suo tavolo per incitarlo, gustandoci, nel frattempo, la nostra cena base di filetto e tagliata di manzo.



Dopo un'ora Tony rimane solo al tavolo della gara: gli altri due (il cui peso si aggira attorno ai 140 chili netti) si ritirano senza riuscire a portare a termine l'impresa. Che è davvero ardua: un cameriere ci racconta che il segreto è ingoiare senza masticare. Ci è riuscito Joey "Jaws" Chestnut, nel 2008, in 8 minuti e 52 secondi (guardati i video in YouTube; lui è anche campione al mondo del World Hot Dog eating); Klondike Bille, nel 1965, mangiò addirittura due bistecche intere, e nel '77 fu la volta di una donna, una "nonnina" di 63 anni!
Sono ormai le 23 quando Tony conclude la sua gara con 46 oz di bistecca mangiata, l'equivalente di 1,334 kg! In sala tutti lo applaudono, e quelli del Big Texan gli regalano il bicchiere a forma di stivale e la maglietta con scritto: "I've tried to eat it all!". Tutto è andato bene, lo stomaco di Tony ha retto, anche se, per un bel po' di tempo, non toccherà una bistecca!

Prima di andare a dormire, facciamo qualche partita con i fucili laser. Dentro al Big Texan è un tripudio (quello sí, molto pacchiano) di videogiochi e slot machine.



Domani entriamo nel New Mexico. Nostre mete: Santa Fe e Albuquerque.
Bye bye, Texas!