Sveglia alle 5, da veri pionieri alla conquista del West.
Fino a Oklahoma City, nello stato di Oklahoma, il navigatore segna 796 km in 7 ore e 56... come ha detto Tony: sarà una giornata impegnativa...
Ci mescoliamo nel traffico ancora sporadico della I-44. È l'alba, qui nel Missouri...
Proseguiamo per un paio d'ore e poi tappa benzina nel piccolo centro di Lebanon. C'è tempo per leggere qualcosa sull'Oklahoma: uno stato dalla terra color rosso un tempo calpestata da indiani e cowboy, dove, anche se i pickup hanno ormai sostituito i cavalli, si vive ancora oggi la sensazione inebriante degli spazi aperti, interrotti solo dagli insediamenti urbani di Tulsa e Oklahoma City.
Lady Picca "cavalca" verso ovest. Davanti solo strada.
Playlist di viaggio
Hotel California - Eagles
Sweet Home Alabama -Lynyrd Skynyrd
Alle 10 e mezza lasciamo il Missouri, ed entriamo nello stato dell'Oklahoma, superando il traguardo delle 2 mila miglia percorse (circa 3 mila e 500 km)!
Prima di Tulsa, in corrispondenza di Foyil, seguiamo la highway 28A per raggiungere i giganteschi e colorati totem del Totem Pole Park. C'è anche il totem in cemento più alto del mondo.
Poi, continuando a battere strade poco trafficate (tante mucche, pochi esseri umani), andiamo verso Claremore e Catoosa, quest'ultima una cittadina portuale dove "sbattiamo contro" alla Blue Whale, lunga 24 metri...
Costruita tra il 1970 e il 1972, diventó ben presto un'attrazione per bambini e famiglie. Alla fine degli anni '80, il posto andò in rovina, e oggi nuotare è vietato, ma rimane comunque uno dei luoghi più fotografati lungo la Route 66.
Mangiamo a Tulsa, città natale di Cyrus Avery, che promosse la costruzione della Route e quindi celebrato come il padre della Mother Road. Il locale si chiama Elmers, un'istituzione di Tulsa da 29 anni, dove servono panini con salsicce affumicate e fagioli (i temibili "badwich"). I bicchieri di Pepsi sfiorano il litro, un pianoforte polveroso ricorda serate finite in baldoria e alle pareti sono appesi dischi in vinile, strumenti musicali e foto in bianco e nero di cantanti jazz che qui si rifugiavano nelle giornate di pioggia come quella che abbiamo trovato oggi. L'insegna fuori recita: "It be bad". Speriamo non sia riferito agli effetti dei piatti serviti qui...! E invece è tutto buono, come anche il prezzo (13$ a testa circa). Se cercate un posto caratteristico e senza troppe pretese, Elmers fa per voi.
Giudizio: consigliato.
Da Tulsa a Oklahoma decidiamo di riprendere la Route per i rimanenti 170 km: è infatti uno dei tratti della "Mother Road" meglio conservati.
Ci fermiamo a Stroud, per una pausa sulla highway. Al Rock Cafè ti servono il caffè in tazze grandi da tè, e un orange juice riempie un bicchiere di Coca Cola da mezzo litro. I personaggi di Cars fanno da mascotte, e può capitare che un vecchietto ti adeschi domandandoti da dove vieni e se credi in Dio oppure no, mentre trangugia un piatto di strani spaghetti con mostarda alle quattro del pomeriggio. Incontri on the road.
Altra tappa benzina, quando ormai il sole è alto e brucia la terra rossa dei ranch. Alla stazione di benzina si susseguono avventori sudati e accigliati sui loro pickup coperti di polvere. Giureresti di vedere rivoltelle scintillanti appese alla cinta e stivali in pelle logori con il tacco d'argento...
Quasi 800 km sono stati percorsi: alle 18 raggiungiamo l'Howard Johnson Inn di Oklahoma City. Assomiglia a un motel, fuori dal centro, con vicino un McDonald's, ma è carino, e c'è la piscina. Unico inconveniente: nella tripla c'è un solo queen bed, più piccolo di un matrimoniale! Dormiremo vicini vicini!
Dopo un tuffo e un bagno di sole, doccia e siamo di nuovo in macchina. Sono già le 20, quindi non possiamo goderci tanto Oklahoma. Prima di cena, decidiamo comunque di andare a vedere il Symbolic Memorial. La storia è una delle più tristi degli Usa: il 19 aprile 1995 un attentato terroristico sventró l'Alfred P. Murrah, sede dell'FBI, dove morirono 168 persone, di cui 19 bambini. Il Symbolic Memorial è composto da 168 sedie vuote, ciascuna recante il nome di una vittima. Il silenzio è rotto solo dai gridi degli uccelli che volano tra i rami degli alberi e dal rumore dell'acqua che riempie la piscina ricavata lì dove prima sorgeva l'edificio. Un guardiano ci dà il permesso di camminare tra le sedie, e di notare le più piccole dedicate ai bambini. Alle due estremità della piscina sono stati costruiti due muri, chiamati "cancelli del tempo": in uno sono segnate le 9:01, il minuto prima dell'esplosione (avvenuta alle 9:02), nell'altro le 9:03, il minuto immediatamente dopo. Il momento dell'innocenza prima della tragedia, e quello del dolore ma anche della speranza di chi è sopravvissuto. Nessuno di noi ricorda questo fatto, peró ci viene la pelle d'oca guardando le frasi e gli oggetti che parenti e visitatori hanno lasciato e continuano a lasciare appesi alla recinzione di protezione. Ci sono peluche, nastri per capelli, braccialetti, fotografie... perfino un paio di scarpette da calcio... e dietro ogni collanina che tintinna o mazzo di fiori ancora freschi c'è una storia. E anche noi lasciamo un omaggio...
Guidati dal navigatore, cerchiamo un posto dove mangiare. Restiamo disorientati: la città sembra quasi deserta. Alla fine ripieghiamo in uno pseudo ristorante italiano (l'insegna dice proprio "The italian restaurant"). La pizza non è male, ma il posto è troppo rumoroso (musica alta e conseguente tono di voce urlato della gente); praticamente non riusciamo a parlare tra di noi. Torniamo in albergo con la pancia piena ma non proprio soddisfatti.
Il pensiero comunque è giá proiettato a domani: road to Texas!
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